La produzione del formaggio Toma è, fin da epoca medievale, strettamente legata all'areale alpino piemontese ed in particolare ai margari che sfruttavano i pascoli montani nel periodo estivo per poi ridiscendere a fondovalle o in pianura nel periodo invernale.
Questo nomadismo ha influito costantemente sulla grande frammentarietà sia dei luoghi che delle tecniche di produzione della Toma piemontese. Attualmente la produzione di Toma piemontese è di 1,9 milioni di kg annui.
La sua distribuzione geografica copre gran parte del territorio del Piemonte con l'esclusione delle province di Asti e Alessandria, fatti salvi alcuni comuni (10) di queste ultime. La maggiore concentrazione produttiva si riscontra comunque in poche aree: la provincia di Torino con quasi il 45% del totale (in particolare in Val Susa, Valli di Lanzo, Canavese e la zona di pianura), la montagna Biellese e l'alta Val Sesia con il 15% e la pianura Cuneese con il 12%.
La trasformazione del latte in formaggio Toma piemontese avviene in 35 caseifici, perlopiù localizzati in aree di pianura, che lavorano circa il 70% del prodotto; il rimanente 30% viene trasformato direttamente da circa 320 aziende zootecniche generalmente localizzate in zona montana e che, spesso, effettuano la monticazione estiva.
A partire dal 1993 la Toma piemontese è un formaggio a denominazione d'origine per la legge italiana e dal 1996 è una denominazione d'origine protetta dell'Unione Europea. Attualmente circa il 60% della produzione viene marchiata con il logo della d.o.
La Toma piemontese si presenta di forma cilindrica, con diametro di 20-30 cm, uno scalzo arrotondato inferiore ai 20 cm e un peso variabile tra i 5-10 kg. La crosta è in genere poco spessa, mentre la pasta è di colore giallo uniforme ma di intensità variabile nelle diverse tipologie individuate. L'occhiatura è a distribuzione regolare con occhi piccoli (2-3 mm), di forma irregolare e poco numerosi (10-50/50cm2).