io non inorridisco certo!
la focaccia ligure...si mangia così com'è..i ripieni vari vengono fatti a casa, da chi eventualmente li gradisce, o in qualche panificio con annessa salumeria...
questo può darti un'idea di quel che è per noi liguri: la focaccia...
(dal web):
Signori, vi presento la focaccia
di Placida Signora
Tutta pinn-a d?ombrisalli
ùmia d?eûio de Dian,
pe-i scignuri e pe-i camalli?
(Costanzo Carbone)
Tutta piena d?ombelichi,
umida d?olio di Diano,
per i signori e per i facchini?
Per i genovesi la focaccia classica, quella all?olio, è un mito, un simbolo della città esattamente come la Lanterna. (come pure per la Liguria tutta)
La focaccia è sempre stata la prima colazione di chi si svegliava all?alba; lo è tuttora per molti, anche per chi si sveglia più tardi: e assaporare lei, condita di olio e sale, pucciata nel caffelatte è una sensazione speciale.
Segue l?uomo dalla prima infanzia: a Genova le mamme danno ai bambini piccolissimi un pezzetto di focaccia da mangiare, anche se sono completamente privi di denti; fa bene alle gengive e stimola la detizione meglio del ciuccio.
Un etto di focaccia è la colazione che gli studenti, da generazioni, fanno prima di entrare a scuola; un etto di focaccia è lo spuntino degli scolari nell?intervallo delle lezioni; un etto di focaccia è l?aperitivo che i ragazzi consumano nel tragitto scuola-casa. Poi a casa, a pranzo, non mangiano perché sono inappetenti e le mamme si preoccupano. E infine un etto di focaccia appena sfornata è la merenda delle ore cinque, come il tè degli inglesi.
Ci fu un tempo, intorno al 1500, in cui veniva consumata persino in chiesa durante i matrimoni, al momento della benedizione degli sposi; un modo goloso per esprimere la gioia di una nuova unione che si sperava feconda.
Però l?amore per questo cibo nei riti religiosi prese un po? la mano ai cittadini, tanto che ne facevano scorpacciate in chiesa persino durante i funerali; e al funebre odore dell?incenso e dei ceri si mescolava quello allegro e oserei dire sensuale della focaccia, alle meste preghiere il ruminare soddisfatto dei fedeli.
Il vescovado minacciò scomuniche a chi avesse continuato a mangiar focaccia in chiesa e l?usanza terminò, ma scommetto a malincuore.
Il profumo della focaccia può far commuovere sino alle lacrime un ligure che viva lontano da casa; non è il solito profumo di pane: è il profumo di focaccia, tutto diverso, unico.
La focaccia può ispirare pensieri sublimi e poetici anche a chi ha l?anima di coccio.
E non credo esista persona al mondo che non ami la focaccia; basta assaggiarla una volta, per innamorarsene.
Vittorio G. Rossi, il grande giornalista scrittore nato a Santa Margherita, in Maestrale (Mondadori, 1976) così scriveva:
?Essa è la nostra focaccia ligure, niente a che fare con le pizze cosparse di condimenti; essa è una delle cose più semplici che ci sono, semplice come l?acqua di sorgente; è pasta di farina, sale e olio; è cotta nel forno su una lamiera di ferro triangolare; ha lo spessore di un dito mignolo, anche di meno; con le punte delle quattro dita di una mano e le quattro dell?altra, il fornaio la ricopre di buchi; in essi si raccoglie l?olio d?oliva come le lacrime di un pianto, ma è un pianto di gioia.
La focaccia bisogna mangiarla appena esce dal forno; allora brucia le mani, ha tutto il suo olio vivo e sano e caldo, e bisogna mangiarla camminando lentamente, come se si pensasse alla fondazione del mondo; e non si deve pensare a niente, solo alla focaccia che si sta mangiando.
E se si è in vista del mare, è meglio ancora: la focaccia allora si condisce anche di mare.?